Invito del Rettore

"Lo Statuto (...) è predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale (...) composto da quindici componenti, tra i quali il Rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal Senato accademico e sei dal Consiglio di amministrazione"
(art. 2, comma 5, Legge 240/2010)
Il Rettore dell'Università di Sassari, prof. Attilio Mastino, invita tutte le componenti dell'Ateneo a volersi esprimere inviando contributi alla discussione per la stesura del nuovo Statuto.

mercoledì 2 febbraio 2011

Dichiarazioni di disponibilità per la Commissione statutaria di Ateneo

Il prossimo 15 febbraio, in una seduta congiunta di Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, verranno designati i 15 componenti della Commissione che dovrà predisporre le modifiche allo Statuto di autonomia dell'Università degli Studi di Sassari (a norma dell'art. 2, comma 5, della L. 240 del 23 dicembre 2010).

Le proposte di candidatura, aperte a tutte le componenti dell'Ateneo, dovranno essere corredate da curriculum ed inviate via mail, entro il prossimo 11 febbraio, all'indirizzo rettore@uniss.it.

I membri della Commissione saranno scelti tra soggetti in possesso di adeguata esperienza istituzionale, specifiche competenze in materia giuridica, economica, sanitaria, di organizzazione del sistema universitario, nonché di esperienze all'estero.

Il Senato Accademico integrato è convocato per venerdì 11 febbraio, presso il Centro didattico di via Vienna, alle ore 17, per discutere le linee della riforma, in seduta aperta alla Consulta, al Consiglio di amministrazione, ai docenti, alle rappresentanze degli studenti ed al personale tecnico amministrativo.

19 commenti:

  1. {Posto la lettera che avevo inviato ieri sera al Magnifico Rettore, con un Grazie per aver accolto la mia proposta di predisporre un Forum e un P.S.
    ABC

    Caro Magnifico Rettore,

    non mi candido.
    E non tanto perché non abbia, come infatti NON ho, un'adeguata esperienza istituzionale, specifiche
    competenze in materia giuridica, economica, sanitaria, di organizzazione del sistema universitario (BTW i nostri CV sono o dovrebbero essere nella "nuova anagrafe di Ateneo", corredati di elenco delle pubblicazioni aggiornate).
    Non mi candido perché ritengo non adeguato il metodo.
    Vedi, caro Attilio, io percepisco questa occasione come una delle poche che ci rimangono per cercare una strada di sopravvivenza e rifondazione, dopo una sconfitta (che avrà un effetto devastante per tutta l'Università pubblica e in particolare per i nostri ricercatori presenti e futuri) e in una situazione di grave criticità in particolare del nostro Ateneo.
    Io pensavo e penso che servirebbe un'Assemblea "costituente", ampia e composta da tutte le componenti, anche quelle precarie, con piena pariteticità tra le tre fasce docenti, espressa o eletta democraticamente, e che i componenti della Commissione possano essere espressi o eletti da questa Assemblea e nominati da SA e CdA: con i soldi ricavati dal ritiro dalla CRUI (che credo sia un atto elementare di coerenza) possiamo sostenere le attività dell'Assemblea; ma non cavillo sui tecnicismi, la sostanza che mi interessa è "Commissione espressa o eletta democraticamente composta da tutte le componenti, anche quelle precarie, con piena pariteticità tra le tre fasce docenti".
    Di meno non basta, sono convinto.

    Mi piacerebbe che l'Ateneo aprisse un forum di discussione su queste questioni: ti prego di volerlo fare. {GRAZIE}


    Ti ringrazio per l'attenzione.

    ABC

    P.S.
    La mia convinzione è che la composizione della Commissione (e dell'Assemblea) debba essere "politica" e non tecnica: non sarà difficile consultare tutte le competenze tecniche necessarie presenti in Ateneo.
    Se c'è una volontà e una conseguente scelta politica, non si viola la legge se la Commissione viene nominata da SA e CdA, sulla base di criteri di ampia rappresentanza tra i membri dell'Assemblea.

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  2. Consiglio caldamente a tutti di consultare, per confronto e ispirazione, la soluzione adottata dall'Ateneo di Palermo per la designazione della Commissione statutaria. Andate direttamente su:

    http://13624684770547438087-a-g.googlegroups.com/attach/890c46737e8ec4a1/Avviso+selezione+docenti.pdf?gda=fa837UcAAABI1WVZtJYO7obrAEe6BKz1-uYrki8jc90tpawruBWxfHLvh7gRm5SZHJvuvK6MdgY3MCnZ3ExGKa1voVhs8LxdeV4duv6pDMGhhhZdjQlNAw&view=1&part=4&hl=it

    oppure scrivetemi (azzena@uniss.it), così vi mando io il pdf.

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  3. Lo statuto deve garantire ai docenti a contratto un'adeguata retribuzione. Al cosiddetto "nobile volontariato" (vedi Facoltà di Lettere) bisogna mettere la parola FINE. I docenti a contratto, infatti, svolgono con dedizione e massima professionalità il proprio lavoro: le ore di insegnamento frontale, il ricevimento studenti e le tesi di laurea. Vogliamo riconoscere, finalmente, quanto siano importanti per la didattica?

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  4. Caro Professore,

    le scrivo in merito alla mail di questa mattina sulla Dichiarazione di disponibilità per la Commissione statutaria di Ateneo.

    Sono in completo disaccordo sulle modalità di nomina della Commissione suddetta poiché tale modalità non garantisce affatto la rappresentanza né delle componenti delle attuali Facoltà né di tutti i singoli ruoli.

    Nella situazione attuale dell'Università in generale e del nostro Ateneo in particolare e, non ultimo, come segnale di profonda democrazia ed in risposta ad un cambio delle regole imposto con un atto di forza, sarebbe sicuramente più opportuna una commissione composta da membri non designati ma eletti, che rappresentino tutte le componenti della vita universitaria.

    Grazie per l'attenzione e cordiali saluti,

    Emilio Turco


    _______________________________________/

    Prof. Emilio Turco
    Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica
    Facoltà di Architettura
    Università degli Studi di Sassari
    Palazzo del Pou Salit, Piazza Duomo 6
    07041 Alghero (SS), Italy
    T +39 079 9720.403
    M +39 320 9234.102
    F +39 079 9720.420
    E emilio.turco@uniss.it / emilio.turco@gmail.com
    Skype emilioturco

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  5. Al Magnifico Rettore
    Prof. Attilio Mastino

    Caro Attilio,

    Condivido appieno le obiezioni mosse e le proposte avanzate dai proff. Turco e Cecchini e ritengo che, senza almeno una discussione e una deliberazione da parte della Consulta di Ateneo e di tutte le Facoltà, sia prematuro avanzare richieste di disponibilità a far parte della Commissione statutaria.

    Ritengo inoltre da emendare il testo in cui si richiedono esperienze e competenze che parrebbero escludere a priori docenti dell'area umanistica e delle scienze non mediche, per tacere della Facoltà cui afferisco, e ritengo inoltre poco opportuno disattendere, anche solo in parte, le richieste formulate dall'Assemblea dei Ricercatori, anticipando le richieste di disponibilità rispetto all'adesione (tutt'ora on line) agli stessi deliberata in Assemblea.

    Poiché ti stimo profondamente, ti so consapevole degli effetti dannosi che la riforma universitaria potrebbe recare al nostro Ateneo e sensibile alle istanze di colleghi e colleghe, confido nella tua capacità di volgere il dettato legislativo in una vera riforma dall'interno e non imposta dal Ministero dell'Economia.

    Con immutata stima,

    Alessandra Casu

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  6. Concordo nel modo più assoluto con la posizione espressa da Emilio Turco e Bibo Cecchni,
    se la stesura del nuovo Statuto dev'essere il primo atto di una presa di coscienza collettiva dell'università, all'alba del suo Anno Zero,
    ciò non può prescindere da un dibattito che coinvolga in maniera ampia e democratica tutte le sue componenti (incluse quelle che non hanno mai nessuna rappresentanza, che peraltro la legge Gelmini colpisce con più insensibilità: i precari), proprio in diretta controtendenza con la 'riforma' sorda, verticistica, autoritaria che abbiamo subito.

    Nicolò Ceccarelli

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  7. Caro Arnaldo,



    grazie del messaggio, ne parliamo venerdì 11 in occasione del Senato accademico integrato che si riunisce in seduta aperta. Spero ci sia anche il Direttore Generale Tomasi.


    
Intanto è utile acquisire disponibilità di chi intende entrare nella Commissione Statutaria. Il 15 febbraio il Senato eleggerà 6 costituenti e il CdA gli altri 6, con voto limitato a 4.



    Nulla impedisce di stabilire un percorso e un metodo differente per l'approvazione dello statuto, far nascere un Comitato Consultivo o attribuire un peso più marcato alla Consulta.



    Faremo a marzo-aprile una Conferenza di Ateneo aperta a tutti.



    I vincoli delle linee guida non sono stati accettati dal Senato, anche per quanto riguarda le competenze disciplinari e gli altri paletti legati alla rappresentanza, che deve esserci ma equilibrata con la competenza.



    Dunque le linee guida non esistono se non come indirizzo del Rettore.



    Un affettuoso saluto,



    Attilio Mastino

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  8. Caro professore e cari tutti,

    anche io concordo completamente con la posizione espressa dai colleghi Emilio Turco e Bibo Cecchini.

    Grazie mille, un caro saluto,

    Margherita

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  9. Caro professore,

    la ringrazio prima di tutto per la pronta risposta e per la sua disponibilità ad avviare una discussione su un argomento particolarmente delicato come la revisione dello Statuto. Mi scuso inoltre se rispondo in ritardo ma sono in missione e non ho la connessione sempre disponibile.

    Le scrivo personalmente ma non ho nessuna obiezione, se lo ritiene opportuno, a pubblicare sul forum questa risposta, integralmente od anche la parte seguente.

    Concordo pienamente con le osservazioni del prof. Cecchini. So che la legge 240 impone delle restrizioni ma non la ritengo una "buona" legge e pertanto pur essendo "costretto" a rispettarla non mi sento di assecondarla in pieno. I membri della commissione dovrebbero essere indicati da tutte le componenti della vita universitaria, compresi, ad esempio, i tantissimi precari su cui si regge l'organizzazione didattica, e rappresentare tutte le Facoltà.

    Trovare uno strumento che consenta di aggirare nella sostanza i modi e la composizione dettati dalla 240 non dovrebbe essere difficile. La prima cosa che mi viene i mente e di costruire una Consulta allargata e rappresentativa di tutte le componenti del nostro Ateneo che predisponga il testo. Alla Commissione "ufficiale" verrebbe riservato invece un lavoro più "tecnico", e molto delicato, controllando ad esempio il rispetto normativo.

    Sono sicuro che lavorandoci sopra si troverà una soluzione migliore di quella che ho appena indicato, però bisogna "comunicare" che sappiamo essere più democratici di chi ci "impone" le leggi ed anche che sappiamo fare di meglio che "adeguarci" alle norme.

    Cordiali saluti,

    Emilio

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  10. Caro Turco,

    abbiamo tentato di rendere il processo il più democratico e trasparente possibile.

    Il processo implica una elezione (prevista espressamente dalla legge 240) di 6 costituenti da parte del Senato e di 6 costituenti da parte del CdA.

    Come avrebbe organizzato ?

    Le linee guida da me proposte non sono ancora completamente adottate.

    Mi chiami. Se possiamo ancora farlo rimedieremo.

    Saluti,

    Attilio Mastino

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  11. Parafrasando una celebre frase sulla guerra e sui generali, possiamo affermare che l'Università è troppo importante per lasciarla in mano ai professori. Plaudiamo dunque all'iniziativa del rettore Mastino, che avrà successo quanti più cittadini e non solo accademici saprà coinvolgere.

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  12. Visto che si parla di iniziativa democratica, mi auguro venga sanata la vergognosa disparità fra personale docente e tecnico-amministrativo, per esempio, nell'elezione del Rettore... questo sì che sarebbe un bel passo avanti in senso democratico.

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  13. Cari Colleghi,
    scrivo questo breve messaggio per informarvi della mia disponibilità a presentare la candidatura per la Commissione statutaria. Questa scelta dipende da motivi diversi: il primo vuole essere una forma di ringraziamento all’Istituzione che da più di cinque anni mi ha accolto (e mi sopporta); poi, se designato, per offrire un contributo pragmatico per la costruzione dell’architettura della nostra Università: la legge 240 lascia spazi amplissimi per creare una nuova università, cosciente del proprio lungo passato, pronta per il presente e soprattutto per il futuro. Dopo tante discussioni sui principi e sul metodo mi sembra giunto il momento di entrare nel merito dei problemi, di riflettere e confrontarci su tutti gli elementi costitutivi e sulla alchimia della loro composizione. Se designato metterò a Vostra disposizione il mio tempo per rendervi edotti dei progressi, per ascoltare consigli e suggerimenti, per confrontarsi sulle criticità.
    Marco Rendeli

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  14. Caro Attilio,
    Sono davvero molto soddisfatto per il modo in cui il processo “costituente” di elaborazione del nuovo Statuto si sta aprendo. Lasciami dire, per quanto mi riguarda, che io mi ci trovo a mio agio, come in uno spazio che permette di correggere e di sanare gli aspetti non democratici che caratterizzano lo spirito della legge 240. Personalmente sono persuaso che si tratti qui di usare la lettera della legge – non priva di elementi almeno potenzialmente positivi – in modo tale da risolvere e neutralizzare gli elementi di contrasto con la democrazia che sono nel suo spirito e in varie possibili applicazioni delle sue norme.
    Sono convinto che convenga entrare pienamente nella logica della radicale innovazione organizzativa che è l’aspetto più noto della legge, cioè dall’abolizione delle facoltà così come oggi le conosciamo. Io non sono particolarmente contrario a questa innovazione, che trovo neutra rispetto allo spirito della legge. Trovo giusto quindi aderire alla sua logica, per resistere invece su altri punti.
    Mi sembra che la composizione omogenea dei Dipartimenti dal punto di vista scientifico-disciplinare sia coerente con la loro funzione nella selezione del personale docente, di cui organizzano l’attività di ricerca e distribuiscono l’attività didattica secondo le esigenze espresse dai corsi di laurea. Certo, per rispondere ai criteri di consistenza quantitativa e soprattutto di omogeneità disciplinare prescritti dalla legge, saranno inevitabili (dove più, dove meno) alcuni spostamenti incrociati di afferenze e/o alcune fusioni. Resto comunque persuaso che convenga partire dai Dipartimenti (così come la legge prescrive), preservando il più possibile tutto quanto sia acquisito in termini di esperienze e tendenze di ricerca in un collegamento sempre più stretto con la didattica (e viceversa).
    In particolare nell’area delle scienze umane e sociali esistono trasversalità di apporti, da parte di ciascuna area disciplinare e quindi da parte di ciascun Dipartimento, che si ripartiscono tra corsi di laurea compresi in tutte le attuali facoltà dell’area. Un’unica struttura di raccordo tra di esse presenterebbe l’apparente e immediato svantaggio di cancellare la specifica identità espressa da alcune delle attuali facoltà (ma questo svantaggio può essere ampiamente compensato e recuperato), e il vantaggio di esaltare il ruolo dei dipartimenti e delle loro nuove funzioni, senza disperdere tutto quanto già esiste a questo livello. Non mi sembra poi da trascurare che le “strutture di raccordo” previste dalla legge sono qualcosa di molto meno delle attuali facoltà, soprattutto in termini di democrazia e di partecipazione, sicché l’idea di “salvarle” per questa via non mi sembra apprezzabile. Ciò potrebbe accadere invece prevedendo statutariamente sezioni interne ad esse per le quali vi sarebbe autonomia normativa e pertanto potrebbero costituire spazi privilegiati di recupero della partecipazione democratica colpita dalla legge (anche mediante la previsione di pareri vincolanti).
    Questi ultimi aspetti, naturalmente, rinviano alla determinazione dei criteri di assegnazione di budget, punti organico, parametri di copertura dei requisiti, ecc., tra le varie strutture (dipartimenti, “strutture di raccordo”, corsi di laurea) circa i quali non trovo lumi nel testo della legge e sui quali, tra regolamenti attuativi e Statuto, prevedo che si giocherà molto. Questo è ovviamente un punto delicato, che sta forse alla base di molte esitazioni e di molte preoccupazioni circa, per esempio, il numero delle “strutture di raccordo”.
    Bisognerebbe forse evitare che queste preoccupazioni, che possono essere affrontate sul terreno tecnico-normativo, interferiscano nella scelta dei princìpi di fondo.
    Spero di avere evidenziato elementi comunque utili, e ringrazio te e i colleghi per l’attenzione.
    Raffaele D’Agata

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  15. Caro Attilio, posto qui un messaggio che ho inoltrato alla tuo indirizzo personale.

    Caro Attilio, qualche domanda (che non mi pongo solo io).
    Domani come si svolgono i lavori? Chi può prendere la parola: i soli membri del senato allargato o chiunque (nel secondo caso ti chiedo di mettere in coda un mio intervento di minimo 5, massimo 10 minuti)? Si potranno presentare ordini del giorno o mozioni? In caso chi si possa chi può presentarli? Chi vota e come?

    Ti ringrazio e ti saluto con affetto.

    ABC

    P.S. Allego in un post a parte la mozione votata dal CdF di Architettura, da cui vorrei partire per la mia argomentazione.

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  16. MOZIONE del Consiglio di Facoltà di Architettura votata all'unanimità


    14 Gennaio 2011

    Il disegno di legge sull’Università è stato approvato il 23 dicembre 2011.

    Una legge dello Stato, in quanto tale, va rispettata, ma la Facoltà non può esimersi dall’esprimere una profonda insoddisfazione per l’approvazione del disegno di legge, insoddisfazione condivisa dall’Ateneo di Sassari attraverso la posizione del Magnifico Rettore durante il lungo iter parlamentare del disegno di legge.

    Un’insoddisfazione di merito, soprattutto per le scelte che riguardano le risorse, il ruolo dei ricercatori, la riduzione dell’autonomia e dell’autogoverno, ma anche un’insoddisfazione di metodo, perché la decisione è stata presa senza ascoltare le molte voci che chiedevano cambiamenti e di dar vita a una riforma profonda, ma condivisa, che consentisse il rilancio e la modernizzazione dell’Università pubblica.

    La Facoltà di Architettura ritiene tuttavia che in sede di applicazione della legge vadano utilizzati tutti gli spazi che la legge consente per andare nella direzione di un profondo miglioramento dell’Università pubblica, che abbiamo sempre auspicato orientando in questo senso i suoi comportamenti fino dalla sua istituzione nel 2001.

    Un primo fondamentale adempimento che la nuova legge prevede all’articolo 2, comma 1, è l’adozione di un nuovo Statuto. Proponiamo che i dodici membri previsti per i docenti nella Commissione per la redazione dello Statuto, siano democraticamente espressi in modo da rappresentare in modo paritario tutte le figure docenti (Ordinari, Associati e Ricercatori). La volontà della Facoltà è che il nuovo Statuto contenga il riconoscimento esplicito del ruolo docente di tutti i ricercatori, l’estensione massima a tutti i docenti dell’elettorato passivo, la democratizzazione del Senato Accademico, norme che definiscano una composizione e un ruolo amministrativo del Consiglio di amministrazione e individuino i membri esterni in docenti di Atenei stranieri partner, procedure per estendere la partecipazione democratica e la trasparenza.

    La Facoltà ritiene altresì di voler utilizzare gli spazi di azione offerti dall’articolo 1, comma 2, della legge sull’Università per valutare le possibilità di sperimentazione di modelli formativi innovativi fortemente orientati alla cooperazione internazionale, un elemento, questo, da sempre centrale nel progetto culturale della Facoltà.

    La Facoltà intende continuare nella pratica che vede un riconoscimento pieno della pari dignità di tutti i docenti e vuole sancirla in ogni modo possibile, estendendo la partecipazione anche alle figure “precarie” (dottorandi, assegnisti, professori a contratto, collaboratori alla didattica e alla ricerca, …), oltre che agli studenti e al personale tecnico-amministrativo: per questo ci proponiamo di individuare le forme e le modalità più opportune di coinvolgimento paritario delle diverse componenti in una discussione che possa contribuire operativamente all’elaborazione di proposte per il miglioramento dell’Università nella direzione più volte auspicata.

    La Facoltà, come sempre, seguirà con attenzione e disponibilità il dibattito pubblico e le proposte per il miglioramento dell’Università pubblica, che ha già sostenuto con il coinvolgimento della propria comunità. Un segnale in questa direzione può darlo l’Ateneo attraverso l’avvio delle procedure per il ritiro della partecipazione dall’Associazione CRUI, i cui vertici, a parere della Facoltà, non hanno dato buona prova di sé nel dibattito sul progetto di una migliore Università pubblica.

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  17. Non è rituale il mio ringraziamento al Magnifico Rettore per come sta conducendo il dibattito sul nuovo Statuto.
    Così come non esito ad ammettere che mi hanno fatto pensare le perspicue osservazioni di molti interventi, in particolare quelli dei colleghi Vannini e Mura.
    Specialmente su una loro osservazione devo soffermare la mia attenzione e fare un’autocritica.
    È vero: conta moltissimo il percorso di discussione, le modalità e i tempi del coinvolgimento della nostra comunità nella scrittura dello Statuto.
    Non ho espresso questa convinzione con nettezza e in modo esplicito nel mio interevento: avrei dovuto farlo; lo faccio.
    Non vorrei che cadessimo nel vizio del “benaltrismo”, non dico che i colleghi vi siano caduti, ma mi guarderei bene dal disaccoppiare il meccanismo dal processo e dal percorso: per fare molta strada di campagna e collina e montagna, non basta solo conoscere e percorrere gli itinerari e avere mappe aggiornate e determinazione, servono anche delle buone scarpe, una provvista d’acqua e magari una protezione per il sole o contro le zanzare: non mi avventurerei sul Cammino di Santiago con i tacchi a spillo o con gli infradito. Ragioniamo sul percorso, sulle tappe, sui rifornimenti, sugli approvvigionamenti, ma anche dotiamoci delle scarpe giuste e di un comodo zaino.
    Quindi il “meccanismo” non è indifferente.
    Mi ha molto colpito poi l’indiscutibile affermazione del Professor Mura sul carattere interamente (o quasi) elettivo del Senato accademico, meno la conseguenza che egli ne ha tratto sul fatto che sia il più democratico degli “organismi possibili”: il fatto che, per le fasce docenti, l’elettorato passivo sia riservato sostanzialmente a una quota minoritaria dell’elettorato mi insinua qualche dubbio al proposito.
    E poi, mi sono detto, non è che per legge è proprio quell’organismo che – in ultima istanza – approva lo Statuto, sicché qualunque meccanismo si escogiti per la sua redazione non inficia questo potere, così ampio e determinante?
    E infine un altro punto su cui sono pienamente d’accordo: sarebbe bene, anzi è necessario, che lo Statuto sia ben scritto e coerente sotto tutti gli aspetti; e allora ho pensato: ma cosa impedisce alla Commissione, comunque composta, di avvalersi di un apparato tecnico di alto livello? È vero che la ministra Gélmini ha prodotto una legge pasticciata e incoerente, ma c’è qualche ragione per cui dobbiamo imitarla?
    Voglio riassumere quel che penso.
    La legge Gèlmini-Decleva-Polidori, specie nel contesto in cui si colloca, è una pessima legge, tra un po’, scommetto, ce ne accorgeremo tutti.
    La redazione dello Statuto deve essere l’occasione per pensare, come intera comunità di apprendimento, al nostro futuro e ai modi per costruirlo.
    La redazione dello Statuto deve essere il più possibile trasparente, partecipata, cadenzata, discussa.
    La commissione per lo Statuto deve essere rappresentativa, in modo il più possibile paritario, di tutte le figure presenti nella nostra comunità: studenti, personale, precari, ricercatori, associati, ordinari (per inciso io non mi sento a mio agio in un’università in cui gli studenti sono, o si considerano, utenti; ancora per inciso che si dedichi attenzione ai molti precari che fanno vivere le università e le amministrazioni, è un fatto che mi rattrista).
    Non sarebbe male che, affinché il processo di redazione sia trasparente, partecipato, cadenzato, discusso, sia espressa democraticamente un’”assemblea costituente” ampia, che accompagni il processo (che potrà essere fatto anche di un forum telematico, di incontri con le strutture esistenti, di assemblee, di riunioni tematiche, …) e che esprima un parere obbligatorio sulla bozza finale che verrà presentata al Senato per l’approvazione; nulla di più semplice poi che la designazione della Commissione avvenga tra i membri di questa assemblea.
    Prendo l’impegno di non scrivere più nulla su questo forum, per cui mi sento, per l’ultima volta, di esprimere la mia convinzione che sarebbe saggio, prudente e dignitoso uscire dalla CRUI.

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  18. Una risposta a Virgilio Mura (1° parte)

    Stimato Preside, caro collega,

    Nel suo intervento al Senato Accademico del 11 febbraio mi ha chiesto una risposta. Poiché le questioni riguardavano alcune proposte sottoscritte da molte persone che lavorano e studiano nel nostro Ateneo, inoltro questo messaggio anche a tutti i firmatari.

    Come è ovvio, queste note contengono solo mie opinioni, e non rappresentano la posizione dei firmatari né di chiunque altro.

    Dunque, nel suo intervento lei ha sostenuto che il Senato Accademico sia già un organo rappresentativo, anzi il più rappresentativo tra gli organi d'Ateneo, e che dunque non serva un'assemblea costituente o una consulta statutaria composta da più ampie ed equilibrate rappresentanze di tutte le componenti dell'Ateneo.

    Non serve essere fini studiosi, quale lei è, per riconoscere che la composizione e le regole di funzionamento di ogni organo deliberativo sono anche una soluzione - tra le molte possibili - all'importante problema dell'equilibrio tra due principî, quello della massima possibile rappresentatività e quello della massima possibile efficienza decisionale. Due principî, entrambi notevoli e però in certa misura contrastanti tra loro (se servisse per intenderci meglio, userei un termine inglese e direi che c'è un trade-off tra loro, ma non lo faccio perché non vorrei così implicare che vi sia una sola e immutabile linea di misura sulla quale trovare il punto geometrico di equilibrio, anzi penso che vi sono molti modi concreti per traslare la linea e dunque trovare punti di equilibrio "elevati"; ma non divagherò oltre).

    E allora come si trova, concretamente, l'equilibrio tra questi due principî, entrambi importanti? Come si trova il dosaggio giusto? Ci si ragiona, ci si possono formare opinioni diverse, ma è indubbio che qualunque opinione uno si formi a proposito, uno dei criteri essenziali di cui si deve tener conto è il ruolo e i compiti dell'organo deliberativo in questione. Se serve scrivere una delibera attuativa (magari su questioni di poco conto) certamente si può privilegiare l'efficienza decisionale; se serve decidere il provvedimento normativo che richiede quella delibera, magari è bene che sia presa da un organo un po' più rappresentativo; se serve decidere i principî fondamentali e la cornice istituzionale di base nella quale quello e tutti gli altri provvedimenti normativi saranno decisi, è bene che ci sia un'ampia rappresentanza.

    Ebbene, anche per questo, ad esempio, in tutte le architetture istituzionali le revisioni costituzionali prevedono sempre formule più rappresentative e che garantiscono di più le varie espressioni, rappresentanze, sensibilità. Nel caso di revisioni costituzionali, si fa sempre ricorso a procedure non ordinarie, o alle supermaggioranze o alle fonti di sovranità di base, spesso a un'articolata miscela di tutte queste. Nel caso di riscrittura integrale di una costituzione, il ricorso alla sovranità di base è quasi la regola.

    Non farò più paragoni incongrui, ma giacché il nostro Rettore ha fatto ricorso all'iperbole costituzionale, spero che lei mi possa concedere l'eccezione per averla fatta anch'io, era solo per intenderci meglio. Ci mancherebbe che lo Statuto di un ateneo valga la Costituzione di una nazione, ma la relazione del Rettore era perspicua ed importante anche perché spiegava bene semplicemente quante enormi questioni sono in discussione, quanto difficile la sfida da affrontare.


    Lei hai sostenuto che il Senato Accademico sia l'organo più rappresentativo del nostro Ateneo. Io penso che sia rappresentativo. Non sono sicuro che sia il più rappresentativo (ad esempio, la Consulta impiega un interessante, un po' diverso, criterio di rappresentatività). Ma soprattutto non penso che sia il più possibile rappresentativo.

    Penso che la composizione del Senato si basi su un ragionevole equilibrio tra rappresentatività ed efficienza per assolvere il ruolo ed i compiti attribuitigli dall'attuale statuto. (continua...)

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  19. Una risposta a Virgilio Mura (2° parte)

    [..] Potrei convenire sulla ragionevolezza delle regole (maggioranza dei due terzi del Senato "integrato") previste nell'attuale Statuto, che appunto danno voce al principio di maggiore rappresentatività e di maggioranza qualificata in caso di revisioni statutarie.
    Ebbene, ho invece molte perplessità, anzi non mi convincono le regole che la legge Gelmini detta per la stesura del nuovo Statuto: una commissione lo predispone, e poi il Senato Accademico (quale?, ordinario?, "integrato"?) con una delibera (come? a maggioranza qualificata? o solo assoluta?) lo adotta.

    Se in questione sono i principî fondamentali e la cornice istituzionale di base del nostro Ateneo, di cui dicevo prima ...
    Se dunque si tratta di un processo "costituente" (mi scusi, non ho saputo mantenere la promessa), di cui diceva il Rettore ...
    Se dunque si può convenire che tali casi richiedano un diverso punto di equilibrio tra la rappresentanza e l'efficienza, di cui dicevo prima ...
    Se il Senato che deve adottare lo statuto è organizzato secondo un criterio di rappresentatività "federale" fondato sulle facoltà, che però con la nuova legge sono destinate a scomparire, ...

    Se dunque tutto questo, posso farle una domanda: si possono avere perplessità? si può non essere convinti?

    Nel portare all'attenzione del Senato lo spirito delle proposte sottoscritte da molte persone che lavorano e studiano nel nostro Ateneo, chiedevo al Senato di tenerne conto, e se in disaccordo di esprimere un parere motivato.

    Lei hai sostenuto che non sia dovuta alcuna motivazione, e anzi, che sono i proponenti ad avere l'onere di motivare.

    Ebbene, nel scriverle queste note, mi accorgo che, grosso modo, le mie motivazioni le ho date.

    Se queste motivazioni e ragioni le paiono anche solo in parte fondate, allora - spero mi scuserà - continuo a pensare che sia doverosa una motivazione del perché la redazione e l'approvazione dello Statuto non debba essere incardinato su un processo più rappresentativo e democratico. La ministro Gelmini non si è premurata di dare una motivazione. Se tentassi di immaginarmela, la vedrei andare dicendo che serva l'efficienza decisionale. Ma come ho cercato di spiegare, questa non è una motivazione, è precisamente la cosa che deve essere motivata!
    E' triste, ma temo che non si possa pretendere troppo dalla ministro Gelmini. Sono convinto che lei e i membri del nostro Senato Accademico siate intellettualmente più esigenti, penso che dobbiate esserlo. Spero mi scuserà, ma continuo dunque a pensare che una riposta motivata sia doverosa.


    Con autentica stima, cordialmente la saluto
    Ivan Blecic


    P.S.

    Nel suo intervento lei ha anche detto che nelle nostre proposte trovava, sottaciuta, l'allusione che il Senato Accademico sia un'oligarchia.

    Io non penso che sia un'oligarchia.

    Il termine oligarchia non è una categoria "costituzionale", ma una valutazione politologica, una valutazione di sostanza su chi decide e chi ha il potere.
    Se ci si attenesse solo al suo valor facciale, etimologico, - sì - il Senato è un'oligarchia. Per la semplice ragione che della componente docente a priori non ne possono far parte tutti coloro che il Senato rappresenta e per i quali decide, ma solo i professori ordinari.

    Ma è cattiva ragione attenersi solo all'etimo. Infatti, l'oligarchia ha nel senso comune anche un'aura spregiativa, (che peraltro non ne è un carattere indispensabile, ad esempio un'oligarchia illuminata e benevola non è il meglio, ma è meglio di vari altri modelli di -archie e -crazie.)
    Comunque: no, non penso che il Senato sia un'oligarchia in questo senso spregiativo. Insomma, no, non penso che sia un'oligarchia.

    Se nelle proposte che ho sostenuto lei ne trova traccia me ne scuso, è certo un errore non riuscire a farsi capire: l'intenzione era solo quella di fare una proposta aperta e costruttiva.

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